Questo qui sparava, sparava davvero. Non aveva visto mai neanche un telefilm. Aveva un’arma perché l’aveva avuta suo padre, suo nonno. Nei cassetti, tra le posate, c’era la pistola. In casa avevano tovaglioli di lino con i ricami delle nonne, le nonne che davano, zitte, il sangue sulle trame e sugli orditi. Le nonne filtravano via le guerre, le vittorie, le sconfitte. Ricamavano i fili sulla stupidità, sulla saggezza ammazzata nelle piazze, nei cortili, fin dentro gli androni, nei tinelli delle case dell’est.
E poi ancora case, figli, padri e famiglie.
Diceva, questo qui, alla sua Edvige bambina un giorno prima: “Come si diventa nonna? Come farai a diventare nonna? Per prima cosa devi imparare a tacere. Poi devi imparare ad ascoltare. Poi devi imparare a ricamare sulle trame di stupidità e gli orditi di saggezze. Attenta a dare il sangue. Il sangue dei figli, dei nipoti. Ogni goccia del tuo sangue dalle dita si fa strage nella piazza, per questo bada, non ti pungere: disegna un falco che si elevi dalla terra di tela e non bagnare di sangue la saggezza e la stupidità ma lasciale abbracciate nel bianco del niente che siamo, noi figli, noi nipoti, noi padri. Ma ricama la nostra storia. Ricama una bella storia e racconta e sussurra e ancora e ancora, nel buio.”
Questo qui sparava davvero
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Questa l’hai scritta in 10 minuti, poi l’hai riletta e ti sei detto: buona, sono un vero professionista. Stan, sei un professionista, hai un mestiere, e scusa se è poco con i tempi che corrono (ma dove corrono, poi…)
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In effetti ci ho messo una decina di minuti, sì. Però poi non ho detto niente. Ciao arc, quando passi da Milano?
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Sono quasi arrivato a Lodi. Ma ora devo risuolarmi le scarpe, cerco dei pneumatici usati, uno che ha fatto la guerra mi dice che sono fantastici per le suole.
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