Ascoltavo Carlos Santana in mutande. Tutta un’estate così. Un caldo, Santana e afa. Mettevo l’acqua del rubinetto nella vecchia bottiglia di gin che tenevo in frigo. Per quanto da anni lo riempissi d’acqua, quel vetro lasciava sempre un aroma lontano che in verità non amavo. Ma ero convinto che quella bottiglia raffreddasse meglio e più a lungo fuori dal frigo. Santana invece lo ascoltavo in mutande e non lo capivo fino in fondo. Quel caldo mi confondeva. Gli amici erano partiti tutti e così mi dedicai a Santana senza alcuna chiave di lettura. Lele, in un impeto di generosità di cui si pentì improvvisamente mesi dopo, mi aveva prestato i primi dischi del musicista che amava di più al mondo ma non mi disse nient’altro, sparì ad Istria prima che posassi la puntina sulla prima traccia del primo LP di successo: Abraxas. Il disco era già vecchio di dieci anni e più e questo complicava le cose. Sudavo molto, fu un duro agosto. Una domenica pomeriggio però, passò in tv un film, El Topo. Senza alcun apparente motivo ritenni di aver compreso un mucchio di cose su Santana, sul Messico e sull’Istria tutte insieme, tutte in una volta e non c’era nessuno cui potessi dirlo. Attesi la sera per filare in chiesa, trovare refrigerio tra le navate fresche, umide e pentirmi per tutta quella consapevolezza che peraltro non riuscii nemmeno a confessare. Il parroco, lo sapevo, aveva un’idea molto personale del ritmo, della musica e del tempo, non mi avrebbe perdonato. Non perdonava nessuno dei fedeli che si lasciavano staccare di un quarto a metà del Santo.

Arrivò settembre, ritornarono gli amici, faceva più freschino e riposi tutti i dischi nelle custodie di cartone. Stava per iniziare un altro anno e Lele, ancora abbronzato, mi raccontò della sua cugina jugoslava, di quello che avevano fatto insieme quell’estate, poi non mi parlò più fino quasi a Natale, fino a quando un giorno si attaccò al citofono pretendendo indietro tutti i suoi dischi.
Da quella volta non fui più sicuro di essere consapevole. Piuttosto cominciai a diffidare della consapevolezza, ne ebbi paura. Non mi fidai più.

Pubblicato in 0000.

9 commenti

Lascia un commento

  1. ciao Stan, è tardi lo so, ma passando vedevo questo racconto con Santana, El topo, l’estate, cose così, senza aria condizionata, mi ricordo anche i sedili in plastica delle Fiat povere, tutti avevano quelle auto… si stava meglio quando si stava meglio.
    Oje como va …

    arc

    "Mi piace"

Lascia un commento